IL SITO DEL PRESIDIO DI OPERA E' UNA CARICATURA DEI PROBLEMI LEGATI ALL'INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI NELLA SOCIETA' MODERNA.

SOTTO: LA STORIA DEL PRESIDIO DI OPERA, UN ANNO DOPO.

Dal 21 dicembre 2006 al 12 febbraio 2007 riassunta con gli articoli di giornale più significativi (spesso falsi) ed i comunicati stampa, per non dimenticare:

VERGOGNA, non possiamo permettere questo!

2 GENNAIO 2007: «Il modello Opera deve diventare l’esempio della collaborazione tra il Comune di Milano e quelli dell’hinterland della Provincia».

PRIMO SCONTRO RAMAZZOTTI - CITTADINI ALLA TELEVISIONE
La sera del 2 gennaio su Telelombardia lo staff della televisione privata, attenta all'evolversi della situazione operese, organizza un incontro tra il Sindaco Ramazzotti, la mediatrice Rom Dijana Pavlovic, Don Gino Rigoldi da una parte ed il consigliere provinciale Giovanni De Nicola e l'Assessore Regionale Davide Boni dall'altra.
Nel pubblico i consiglieri operesi Ettore Fusco e Pino Pozzoli con alcuni cittadini contrari al campo rom, a dare manforte a Boni e De Nicola, ed alcuni cittadini favorevoli per spalleggiare Ramazzotti la Pavlovic e Don Rigoldi.
A cinque minuti dall'inizio della trasmissione, non essendo riuscito a trovare neppure una persona che lo accompagnasse in televisione, il Sindaco operese Alessandro Ramazzotti informa la produzione che i Consiglieri Ettore Fusco e Pino Pozzoli non devono essere presenti in studio, pena l'annullamento della partecipazione del primo cittadino.
I due consiglieri contrari al campo accettano le scuse della produzione e permettono che la trasmissione si svolga anche senza di loro, nonostante siano stati i primi ad essere invitati, lasciando tra i cittadini Franco Colombo, Vittorio Barbieri, Cristina Toniatti e Alessandro Pozzoli.
La serata è comunque sfavorevolissima al Sindaco che inanella figuracce a non finire, proprio partendo dall'assenza dei due consiglieri che avevano già avvisato tutti di essere presenti in studio.
Naturalmente il ricatto di Ramazzotti, o loro o io, non giova alla sua immagine già distrutta dalle prese di posizione dei giorni precedenti ed in paese si diffonde la notizia che il Sindaco ha avuto paura di confrontarsi con chi gli avrebbe fatto fare ulteriori brutte figure.
Il 2 gennaio tutta Opera è davanti alla televisione a guardare un pallido Sindaco che viene messo in croce dai suoi interlocutori.
Mitica la sortita della Pavlovic secondo cui questi poveri rom non possono certo vivere con i mille euro di sussidio e quattro figli... da cineteca.
Anche il resto dell'incontro è memorabile, soprattutto la solitudine del Sindaco Ramazzotti.
Dal Manifesto del 2 gennaio 2007 - di Manuela Cartosio
FUOCO «ACCIDENTALE» AL CAMPO ROM
Dopo Opera, viaTriboniano. Due campi rom in fiamme in una manciata di giorni nell’area milanese. Gli episodi hanno due elementi in comune: il fuoco e la condizione dei rom. Tutto il resto differisce. omenica pomeriggio le fiamme hanno devastato il più grande campo nomadi di Milano, quasi mille persone assiepate in baracche e roulotte in un corridoio stretto tra il cimitero Maggiore e la ferrovia. Non ci sono state vittime. Giovedì notte a Opera un rogo aveva distrutto le tende appena installate dalla protezione civile per accogliere una settantina di rom. Anche a Opera, nessuna vittima: i rom, sgomberati il 14 dicembre da via Ripamonti, non erano ancora arrivati.Le fiamme di Opera – amministrazione di centrosinistra – sono state appiccate e rivendicate dai «cittadini esasperati» (in anticipo), guidati dai capoccia della destra (Lega, An e ForzaNuova). Buona parte dei cittadini di centrosinistra le ha giustificate. Fiamme «accidentali», invece, in via Triboniano. Innescate da un fornello a gas. Cinque ore per domare l’incendio nel pomeriggio di San Silvestro. Distrutte dieci roulotte e una trentina di baracche. Quelli che ci abitavano non hanno accettato d’andare nei dormitori comunali. Si sono «stretti» nelle baracche rimaste in piedi in un campo che, già prima dell’incendio, era il top del degrado. Il comitato per l’ordine e la sicurezza, riunitosi ieri in Prefettura, ha deciso d’installare 25 container in un’area già bonificata di via Triboniano e ha confermato il progetto di dividerlo in quattro sotto campi. Una prospettiva, quest’ultima, sgradita ai rom. Il sindaco Letizia Moratti, tra i resti dell’incendio, ha cercato di convincere i capifamiglia a sottoscrivere «un patto di legalità e di solidarietà» perché siano rispettate le condizioni di vivibilità e sicurezza. «Insistiamo anche noi sul rispetto della legalità», dice don Virginio Colmegna, della Casa della Carità. E non si riferisce alla condizione di irregolarità. La maggior parte dei rom di via Triboniano hanno il permesso di soggiorno che da ieri, con l’ingresso della Romania nella Ue, è diventato superfluo. Don Virginio allude alle divisioni e alle lotte tra clan, alla microcriminalità, ai figli mandati ai semafori invece che a scuola. Questa, inutile negarlo, è la realtà complicata in via Triboniano. «Una terra di nessuno, un campo da sbaraccare», dice Patrizia Quartieri, consigliera a Palazzo Marino del Prc, non della Lega. E infatti aggiunge: «Prima vanno trovate soluzioni alternative, piccoli campi diffusi sul territorio, programmati per tempo, senza l’assillo dell’emergenza». Il «modello Opera», si augura la Quartieri, «deve diventare l’esempio della collaborazione tra il Comune di Milano e quelli dell’hinterland della Provincia». A Opera, nonostante la notte brava, le tende sono state rimesse e i 70 rom (35 dei quali bambini) ci stanno dentro. Una ventina di «irriducibili», racconta Matteo Armelloni, assessore comunale alle politiche sociali, continua a fare il presidio anti-zingari, «fischia chi entra e chi esce». Però il campo c’è e «resiste». Anche Marco Granelli, consigliere a Palazzo Marino della Margherita (ala Caritas), è convinto che il tentativo per far vivere meglio i rom e per sgonfiare la paura e il rifiuto degli autoctoni passa obbligatoriamente dalla «spalmatura sul territorio» degli insediamenti. «Al massimo cento persone in ogni campo, con l’accortezza di non piazzarlo vicino alle case popolari per evitare la guerra tra poveri», i grandi numeri rendono impossibile qualsiasi progetto di formazione, avvio al lavoro, accettazione reciproca. Dopo quel che è successo a Opera, domandiamo, quale sindaco sarà disposto ad accettare sul suo territorio un campo rom, per quanto piccolo e temporaneo? E senza scomodare il caso eclatante e vergognoso di Opera, a Cologno Monzese l’opposizione di centrodestra ha fatto di tutto per bloccare il «Villaggio solidale», ideato da don Colmegna. «Proprio questi due precedenti – risponde Granelli – dimostrano che di patti ne servono due. Uno di legalità, sottoscritto dai rom. L’altro politico, stipulato dai partiti.Centrodestra e centrosinistra devono impegnarsi a non montare la gente a seconda del colore della giunta che decide d’accogliere un insediamento rom». Solo così si evitano le «doppiezze».A Opera la destra ha bruciato con gran rabbia un campo rom messo lì con gran piacere dalla medesima destra di Milano.
A OPERA INTANTO i cittadini continuano a presidiare ed il fatto che i rumeni siano diventati europei a tutti gli effetti non li scalfisce minimamente.
Prima regola per essere operesi, oltre che europei, rispettare le leggi. Ed un campo nomadi non è un indice di legalità cui il paese del sud Milano può sottostare.
Intanto è cominciato da un paio di giorni il viavai di macchine con targa estera, quasi sempre rumena, che si avvicina al campo con a bordo cinque, sei persone che dicono di avere parenti all'interno della recinzione e quindi vogliono entrare.
Polizia e Carabinieri non fanno entrare nessuno, anche perché i cittadini continuano a fare pressioni sugli agenti affinché non allentino la guardia, ed anche solo per parlare con i "presunti parenti" i rom devono farlo chiamandoli a voce e chiedendo loro di uscire dall'area circense adibita a tendopoli.
Sempre da più parti si sente parlare di Opera come un esempio da seguire, il Vice Sindaco di Milano De Corato insiste affinché i paesi dell'hinterland si facciano carico dei campi rom, ma gli operesi non cedono, non credono alla temporaneità del campo e tutti questi elementi li inducono a non cedere.
Gli stessi agenti invitano i cittadini a non cedere altrimenti, parole di chi se ne intende, tempo pochi giorni e Opera diventa come Via Triboniano.
E chi ha intenzione di andarsene via?

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