Oggi era in programma la manifestazione dei presidianti rinviata a causa della prevista affluenza di "antirazzisti" dei centri sociali.
Quando la manifestazione dei no global volge al termine il Consigliere Ettore Fusco riceve una telefonata dalla Questura: "è ancora intenzionato a fare la manifestazione durante la settimana come avevamo concordato?" gli viene chiesto.
"Certamente" è la risposta secca.
Dopo non molto viene data la notizia alla radio che i rom saranno spostati da Opera già da oggi. Senza preavviso e con netto anticipo rispetto alla scadenza del 31 marzo.
E' evidente, visto quanto accaduto oggi, che lo spostamento è merito dell'invasione rossa che ha messo a repentaglio l'incolumità di inermi cittadini che manifestano per un loro sacrosanto diritto, essere padroni in casa propria, ed il tentativo di caricare insieme alle voci udite all'interno del corteo "torniamo stanotte e bruciamo il presidio" portano il Questore alla conclusione che il campo va rimosso immediatamente.
LA GIORNATA:
Sono circa trecento i manifestanti dei centri sociali che invadono Opera. In mano le bandiere rosse e quelle della CGIL che proprio due giorni fa è entrata nell'occhio del ciclone per le connessioni della stessa con le Brigate Rosse. Con loro una decina di militanti operesi di rifondazione comunista ed il Sindaco Alessandro Ramazzotti.
Testimoni giurano che appena partito il corteo, dalla parte opposta al percorso autorizzato dalla Questura, proprio Ramazzotti sia stato zittito ed invitato a non lamentarsi visto che quando si chiede aiuto ai centri sociali poi si paga il dazio dell'illegalità.
Dopo non molto infatti scappa via pure lui dal corteo che lascia scritte sui muri e danneggia quel che trova sul percorso.
I manifestanti rossi, dopo aver modificato il percorso programmato, si avvicinano più del previsto al presidio ed è proprio li che un folto gruppo tenta di staccarsi per "andare a radere al suolo il presidio e spazzare via i fascisti" come testimoniano alcuni presenti infiltrati per raccogliere testimonianze.
La polizia, presente in gran numero, riesce ad arginare ed evitare il contatto con i presidianti di guardia al loro fortino.
Ad un tratto dalla manifestazione rossa si staccano un gruppo di persone con in mano degli striscioni circondati e protetti dalla Polizia che si dirigono al presidio.
I presidianti restano composti nonostante sia chiara la provocatorietà del gesto che vogliono fare i dimostranti ed all'arrivo degli estremisti di sinistra, che manifestano contro gli operesi, si girano tutti dalla parte opposta. Quasi tutti.
Fusco ad esempio buca il cordone di Polizia e si avvicina alle persone che legano due striscioni accanto a quelli dei presidianti.
"VIA IL PRESIDIO" e "21/12/07 OPERA CHIEDE SCUSA AI ROM" sono i messaggi portati da persone non di Opera. Una di queste è l'ex capo del Leoncavallo oggi Onorevole Daniele Farina, un altro riconosciuto è Antonello Patta Consigliere Provinciale di rifondazione comunista.
Mentre Fusco scatta una foto ai due illustri personaggi sorridenti ai lati del manifesto in cui "solo loro" chiedono scusa parte un grido: "per la stampa, voi siete di Opera?".
L'Onorevole leoncavallino Farina fa cenno di si con il capo mentre il Segretario Provinciale di rifondazione comunista risponde proprio di si.
"Strano, non vi ho mai visti qui da noi" replica Fusco che a quel punto viene riconosciuto ed insultato dal gruppetto di nazisti rossi che accusano noi presidianti di essere xenofobi, razzisti, nazisti... le solite cose!
Quando alcuni agenti cercano di bloccare il Consigliere presidiante i funzionari di Polizia, democraticamente, li bloccano in quanto non si può permettere ai forestieri di affiggere simili infamie senza consentire una reazione politica a chi, rappresentante eletto dai suoi concittadini, si oppone ai provocatori, devastatori, nemici dell'ordine e dei cittadini operesi.
Finito lo show si tolgono di torno e tornano in mezzo al gruppo che viene fatto allontanare dalla parte opposta del paese e che può riprendere il cammino verso il disordine sociale.
Nel pomeriggio infatti i trecento partecipanti alla manifestazione sono attesi davanti al consolato USA di Milano per manifestare contro l'allargamento della base Nato di Vicenza.
DAI GIORNALI:
DOPO OLTRE UN MESE DI BATTAGLIA
A Opera vincono i cittadini: i rom se ne vanno
Smantellato il campo nomadi. Il Carroccio: «La gente non si è piegata di fronte a una decisione assurda»
FABIO BROCHETTI tratto da la Padania.
Il campo nomadi di Opera è da ieri solo un ricordo: tutti i rom che occupavano la tendopoli dal 21 dicembre scorso se ne sono andati. Qualcuno andrà in strutture messe a disposizione dalla Provincia di Milano sul territorio dell’area metropolitana, altri invece rientreranno in Romania. Da ieri quindi il campo è disabitato e domani sarà smantellato definitivamente.Gli operesi possono ringraziare ancora una volta la Lega Nord ed il suo rappresentante consiliare Ettore Fusco che dal 21 dicembre, con un presidio continuativo in prossimità del campo nomadi allestito dalla giunta, ha saputo quotidianamente tenere alta la tensione sulla situazione di illegalità che si stava perpetrando ai danni dei cittadini.La situazione, fin dal 21 marzo era stata tesa, un incendio spontaneo di cittadini imbufaliti contrari al campo nomadi, aveva distrutto le tende allestite per il campo, il giorno dopo, i soliti insulti da parte dei benpensanti verso i cittadini di opera del comitato contrario al campo e ai militanti leghisti presenti al presidio. Per oltre un mese, è stato scritto e detto di tutto, le accuse di xenofobia e razzismo piovute addosso ai leghisti erano all’ordine del giorno. Ma la forza e la determinazione ha prevalso, numerosi sono stati gli interventi di solidarietà e partecipazione da parte degli esponenti del movimento che più volte, si sono recati a Opera, all’aperto e al freddo per stare in mezzo alla gente: L’europarlamentare Mario Borghezio, l’assessore regionale Davide Boni, il consigliere regionale Fabrizio Cecchetti e il consigliere comunale Matteo Salvini, hanno portato il loro valido contributo che ha permesso agli operesi di vincere la battaglia dedicata alla libertà di riappropriarsi della propria terra. Ieri, i rappresentanti della sinistra antagonista e di Rifondazione Comunista, avevano manifestato contro il razzismo dei presidianti che avevano la grave colpa di difendere il proprio territorio da una settantina di rom. Nel pomeriggio, i rom, hanno inviato una lettera alle istituzioni con la quale esprimevano un forte disagio e preoccupazione per le continue tensioni e pressioni a cui, erano sottoposti da parte delle varie fazioni politiche. Le istituzioni, hanno deciso così di imprimere un’accelerata al Piano di uscita dall’emergenza. La prima fase del piano prevede l’ospitalità in strutture messe a disposizione dalla Provincia di Milano sul territorio dell'area metropolitana e il rientro in Romania di dieci uomini che lavoreranno all’asfaltatura delle strade del villaggio di Salcutsa, loro località di provenienza. Domani la tendopoli sarà definitivamente cancellata e le famiglie ancora in procinto di sistemarsi, saranno ospitate presso il “Villaggio solidale” allestito al Ceas . Per Borghezio, si è trattato di una vittoria schiacciante: «È un grande risultato della gente, che grazie al nostro appoggio, non ha mai mollato e non si è piegata di fronte alla decisione demenziale che è stata presa da chi amministra Opera che così facendo ha tradito la fiducia dei propri cittadini. Questo risultato - prosegue Borghezio -, ci fa capire che chi l’ha dura la vince, i nostri patrioti padani, si sono battuti con determinazione e hanno vinto». Per l’assessore Boni invece: «Il merito di questa vittoria va dato ai cittadini del comitato e al nostro consigliere Fusco che è sempre rimasto al presidio in qualsiasi condizione atmosferica, finalmente i cittadini, hanno avuto ragione di una decisione fuori da ogni logica. Speriamo che ogni volta che c’è un campo nomadi, venga ancora il consigliere regionale di Rifondazione Muhlbauer così li fa partire subito visto che ieri, la sua presenza è stata di buon auspicio». Per Marco Rondini, segretario provinciale della Martesana: «Si è finalmente conclusa una vicenda che ha reso evidente il modo di intendere la democrazia da parte della sinistra, vale a dire imponendo le proprie decisioni senza considerare le necessità dei cittadini». Il consigliere Fusco, accoglie la notizia con un sospiro di sollievo: «È una vittoria sull’arroganza dell’amministrazione operese che ha offerto un area in modo superficiale, col rischio che il campo divenisse, come tutti gli altri campi provvisori, un altro Triboniano. Adesso non resta che prendere atto di questa vittoria e demandare alle prossime settimane la ricerca delle responsabilità politiche sull’operazione che ha avuto, come risvolto positivo, la capacità di unire un’intero paese per quasi due mesi in difesa del proprio territorio».
[Data pubblicazione: 11/02/2007]
FABIO BROCHETTI tratto da la Padania.
Il campo nomadi di Opera è da ieri solo un ricordo: tutti i rom che occupavano la tendopoli dal 21 dicembre scorso se ne sono andati. Qualcuno andrà in strutture messe a disposizione dalla Provincia di Milano sul territorio dell’area metropolitana, altri invece rientreranno in Romania. Da ieri quindi il campo è disabitato e domani sarà smantellato definitivamente.Gli operesi possono ringraziare ancora una volta la Lega Nord ed il suo rappresentante consiliare Ettore Fusco che dal 21 dicembre, con un presidio continuativo in prossimità del campo nomadi allestito dalla giunta, ha saputo quotidianamente tenere alta la tensione sulla situazione di illegalità che si stava perpetrando ai danni dei cittadini.La situazione, fin dal 21 marzo era stata tesa, un incendio spontaneo di cittadini imbufaliti contrari al campo nomadi, aveva distrutto le tende allestite per il campo, il giorno dopo, i soliti insulti da parte dei benpensanti verso i cittadini di opera del comitato contrario al campo e ai militanti leghisti presenti al presidio. Per oltre un mese, è stato scritto e detto di tutto, le accuse di xenofobia e razzismo piovute addosso ai leghisti erano all’ordine del giorno. Ma la forza e la determinazione ha prevalso, numerosi sono stati gli interventi di solidarietà e partecipazione da parte degli esponenti del movimento che più volte, si sono recati a Opera, all’aperto e al freddo per stare in mezzo alla gente: L’europarlamentare Mario Borghezio, l’assessore regionale Davide Boni, il consigliere regionale Fabrizio Cecchetti e il consigliere comunale Matteo Salvini, hanno portato il loro valido contributo che ha permesso agli operesi di vincere la battaglia dedicata alla libertà di riappropriarsi della propria terra. Ieri, i rappresentanti della sinistra antagonista e di Rifondazione Comunista, avevano manifestato contro il razzismo dei presidianti che avevano la grave colpa di difendere il proprio territorio da una settantina di rom. Nel pomeriggio, i rom, hanno inviato una lettera alle istituzioni con la quale esprimevano un forte disagio e preoccupazione per le continue tensioni e pressioni a cui, erano sottoposti da parte delle varie fazioni politiche. Le istituzioni, hanno deciso così di imprimere un’accelerata al Piano di uscita dall’emergenza. La prima fase del piano prevede l’ospitalità in strutture messe a disposizione dalla Provincia di Milano sul territorio dell'area metropolitana e il rientro in Romania di dieci uomini che lavoreranno all’asfaltatura delle strade del villaggio di Salcutsa, loro località di provenienza. Domani la tendopoli sarà definitivamente cancellata e le famiglie ancora in procinto di sistemarsi, saranno ospitate presso il “Villaggio solidale” allestito al Ceas . Per Borghezio, si è trattato di una vittoria schiacciante: «È un grande risultato della gente, che grazie al nostro appoggio, non ha mai mollato e non si è piegata di fronte alla decisione demenziale che è stata presa da chi amministra Opera che così facendo ha tradito la fiducia dei propri cittadini. Questo risultato - prosegue Borghezio -, ci fa capire che chi l’ha dura la vince, i nostri patrioti padani, si sono battuti con determinazione e hanno vinto». Per l’assessore Boni invece: «Il merito di questa vittoria va dato ai cittadini del comitato e al nostro consigliere Fusco che è sempre rimasto al presidio in qualsiasi condizione atmosferica, finalmente i cittadini, hanno avuto ragione di una decisione fuori da ogni logica. Speriamo che ogni volta che c’è un campo nomadi, venga ancora il consigliere regionale di Rifondazione Muhlbauer così li fa partire subito visto che ieri, la sua presenza è stata di buon auspicio». Per Marco Rondini, segretario provinciale della Martesana: «Si è finalmente conclusa una vicenda che ha reso evidente il modo di intendere la democrazia da parte della sinistra, vale a dire imponendo le proprie decisioni senza considerare le necessità dei cittadini». Il consigliere Fusco, accoglie la notizia con un sospiro di sollievo: «È una vittoria sull’arroganza dell’amministrazione operese che ha offerto un area in modo superficiale, col rischio che il campo divenisse, come tutti gli altri campi provvisori, un altro Triboniano. Adesso non resta che prendere atto di questa vittoria e demandare alle prossime settimane la ricerca delle responsabilità politiche sull’operazione che ha avuto, come risvolto positivo, la capacità di unire un’intero paese per quasi due mesi in difesa del proprio territorio».
[Data pubblicazione: 11/02/2007]
la Repubblica 11 FEBBRAIO
Don Colmegna trasferisce le famiglie romene al Parco Lambro. I presidi dei contestatori: abbiamo vinto, la città era con noi
I 77 nomadi: "Stanchi di insulti e tensioni, ce ne andiamo"
Con una lettera aperta in cui raccontano di essere spaventati e offesi, i rom della tendopoli di Opera se ne vanno. Lasciano dopo un mese e mezzo di manifestazioni e di presidi fuori dall´accampamento voluto dal prefetto e dalle altre istituzioni. «Troppa ostilità, chiediamo rispetto perché siamo persone come le altre». Con l´accordo dei Comuni di Opera e di Milano, oltre che della Provincia, si trasferiscono all´interno del parco Lambro di Milano, dove saranno ospiti in un centro di recupero di don Virginio Colmegna. Le tende saranno smontate lunedì.
Con una lettera aperta in cui raccontano di essere spaventati e offesi, i rom della tendopoli di Opera se ne vanno. Lasciano dopo un mese e mezzo di manifestazioni e di presidi fuori dall´accampamento voluto dal prefetto e dalle altre istituzioni. «Troppa ostilità, chiediamo rispetto perché siamo persone come le altre». Con l´accordo dei Comuni di Opera e di Milano, oltre che della Provincia, si trasferiscono all´interno del parco Lambro di Milano, dove saranno ospiti in un centro di recupero di don Virginio Colmegna. Le tende saranno smontate lunedì.
Addio dei rom al campo di Opera
di ZITA DAZZI
Vincono i contestatori, la tendopoli chiude in anticipoPenati: chiedo al prefetto di garantire che tutto questo non si ripeta piùLettera aperta dei romeni "Stanchi e offesi, i nostri figli sono impauriti"Don Colmegna porta i 77 nomadi nella struttura Caritas del parco Lambro
Le tende resteranno fino a domani mattina, ma già da ieri notte le 30 famiglie rom ospitate dalla fine di dicembre sono andate via da Opera. Dopo un mese e mezzo di manifestazioni e proteste, i 77 nomadi ieri mattina hanno per l´ultima volta superato il cordone di polizia che li ha difesi nelle settimane passate dalle minacce e dagli insulti di un gruppo di cittadini del posto, contrari fin dall´inizio all´insediamento degli zingari deciso dalla prefettura d´accordo col Comune di Opera. D´accordo con il Comune e la Provincia di Milano, don Virginio Colmegna ha deciso di ospitare il gruppo di romeni al Ceas, una sua comunità di recupero per tossicodipendenti e pazienti psichici, che sta dentro al parco Lambro.Nel centro - dove già abitano e lavorano da due anni altri 70 rom sgomberati da via Capo Rizzuto - sono arrivate ieri le prime roulotte e i camper messi a disposizione da Mariolina Moioli e Francesca Corso, gli assessori di Palazzo Marino e Palazzo Isimbardi che hanno seguito la questione dall´inizio. «È una soluzione temporanea scelta perché le famiglie rom umanamente non ce la facevano più a sopportare l´ostilità e la violenza con cui sono stati accolti dal gruppetto di manifestanti che assediava la tendopoli», dice don Colmegna, dopo aver portato nella sua Casa della carità i romeni in fuga da Opera. I nomadi hanno spiegato in una lettera aperta la loro scelta: «Ci sentiamo offesi, i nostri bambini hanno paura, siamo stanchi. Non potevamo nemmeno uscire dalle tende per gli insulti e le minacce. Ringraziamo il sindaco Ramazzotti, il parroco don Renato, quei cittadini che ci hanno mostrato solidarietà».È l´atto finale di una vicenda che dura dalla metà del dicembre scorso, quando fu sgomberato un insediamento abusivo in via Ripamonti. Appena fu annunciata la realizzazione della tendopoli a Opera, cominciò la protesta. Al termine di un corteo notturno, furono incendiate tutte le tende montate dalla protezione civile per affrontare quella che il sindaco di Opera Alessandro Ramazzotti aveva definito «emergenza umanitaria».Il prefetto Gian Valerio Lombardi aveva preso l´impegno di trovare una sistemazione alternativa ai 77 rom entro la fine di marzo. «Ma siccome ad oggi è ancora tutto fermo - dice Colmegna - portiamo le famiglie al sicuro». Il presidente della Provincia Filippo Penati chiede al prefetto di «garantire che non si ripetano le scene viste in queste settimane, con i volontari fatti oggetto di minacce e invettive da un presidio troppo a lungo lasciato libero, e diventato così la più grande fonte di insicurezza» e di «individuare e punire i responsabili del vile gesto di incendiare le tende del campo». Il sindaco di Opera Ramazzotti, dispiaciuto dell´esito della vicenda, ringrazia Colmegna e definisce la sua città una «comunità frastornata, divisa e ferita».
Don Colmegna: abbiamo cercato il dialogo, ma il clima è peggiorato"Stufi di tensioni e insulti ma la nostra non è una fuga" di ZITA DAZZI
Le tende resteranno fino a domani mattina, ma già da ieri notte le 30 famiglie rom ospitate dalla fine di dicembre sono andate via da Opera. Dopo un mese e mezzo di manifestazioni e proteste, i 77 nomadi ieri mattina hanno per l´ultima volta superato il cordone di polizia che li ha difesi nelle settimane passate dalle minacce e dagli insulti di un gruppo di cittadini del posto, contrari fin dall´inizio all´insediamento degli zingari deciso dalla prefettura d´accordo col Comune di Opera. D´accordo con il Comune e la Provincia di Milano, don Virginio Colmegna ha deciso di ospitare il gruppo di romeni al Ceas, una sua comunità di recupero per tossicodipendenti e pazienti psichici, che sta dentro al parco Lambro.Nel centro - dove già abitano e lavorano da due anni altri 70 rom sgomberati da via Capo Rizzuto - sono arrivate ieri le prime roulotte e i camper messi a disposizione da Mariolina Moioli e Francesca Corso, gli assessori di Palazzo Marino e Palazzo Isimbardi che hanno seguito la questione dall´inizio. «È una soluzione temporanea scelta perché le famiglie rom umanamente non ce la facevano più a sopportare l´ostilità e la violenza con cui sono stati accolti dal gruppetto di manifestanti che assediava la tendopoli», dice don Colmegna, dopo aver portato nella sua Casa della carità i romeni in fuga da Opera. I nomadi hanno spiegato in una lettera aperta la loro scelta: «Ci sentiamo offesi, i nostri bambini hanno paura, siamo stanchi. Non potevamo nemmeno uscire dalle tende per gli insulti e le minacce. Ringraziamo il sindaco Ramazzotti, il parroco don Renato, quei cittadini che ci hanno mostrato solidarietà».È l´atto finale di una vicenda che dura dalla metà del dicembre scorso, quando fu sgomberato un insediamento abusivo in via Ripamonti. Appena fu annunciata la realizzazione della tendopoli a Opera, cominciò la protesta. Al termine di un corteo notturno, furono incendiate tutte le tende montate dalla protezione civile per affrontare quella che il sindaco di Opera Alessandro Ramazzotti aveva definito «emergenza umanitaria».Il prefetto Gian Valerio Lombardi aveva preso l´impegno di trovare una sistemazione alternativa ai 77 rom entro la fine di marzo. «Ma siccome ad oggi è ancora tutto fermo - dice Colmegna - portiamo le famiglie al sicuro». Il presidente della Provincia Filippo Penati chiede al prefetto di «garantire che non si ripetano le scene viste in queste settimane, con i volontari fatti oggetto di minacce e invettive da un presidio troppo a lungo lasciato libero, e diventato così la più grande fonte di insicurezza» e di «individuare e punire i responsabili del vile gesto di incendiare le tende del campo». Il sindaco di Opera Ramazzotti, dispiaciuto dell´esito della vicenda, ringrazia Colmegna e definisce la sua città una «comunità frastornata, divisa e ferita».
Don Colmegna: abbiamo cercato il dialogo, ma il clima è peggiorato"Stufi di tensioni e insulti ma la nostra non è una fuga" di ZITA DAZZI
I nomadi Sono gente civile, ci sono 37 bambini che vanno a scuolala paura Lanci di petardi e cartelli razzisti Ora i rom hanno paura
Ce ne andiamo da Opera perché siamo stufi di subire l´ostilità, la violenza e l´arroganza di chi presidia il campo e ogni giorno, più volte al giorno, copre di insulti noi volontari e i rom che vivono nelle tende».
Ce ne andiamo da Opera perché siamo stufi di subire l´ostilità, la violenza e l´arroganza di chi presidia il campo e ogni giorno, più volte al giorno, copre di insulti noi volontari e i rom che vivono nelle tende».
Che fa, don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità, si arrende di fronte alla protesta di alcune decine di cittadini di Opera?
«La nostra non è una fuga davanti alla Lega e ai cittadini del presidio. Semplicemente, ci sottraiamo all´intolleranza di chi se la prende con persone deboli, donne, bambini, gente senza tetto che chiedeva solo ospitalità».
Così il presidio ha raggiunto il suo obiettivo. La tendopoli viene smontata prima del 31 marzo, la data prevista dal prefetto.
«I rom sono lì da oltre un mese e il clima continua a peggiorare. Il campo è circondato dalla polizia, si deve entrare e uscire sotto scorta per evitare aggressioni. Ci sono state manifestazioni continue, lancio di petardi, cartelli insultanti, volantini razzisti, annunci di nuove manifestazioni. Le famiglie hanno paura».
Il vostro gesto legittimerà chiunque in futuro scenderà in strada per bloccare campi nomadi, centri per immigrati e strutture simili.
«Anche a me spiace. Abbiamo cercato di trovare spazi di dialogo con chi protesta, ma a questo punto non c´era alternativa. Le famiglie rom ci chiedono serenità e noi cerchiamo di andare incontro alle loro richieste. Loro hanno dimostrato di essere persone serie, pazienti, disponibili».
Al presidio dicevano che i rom sono tutti ladri.
«Stiamo parlando di 70 persone, gente civile che ha accettato di dormire in tenda, nonostante il freddo, con 37 bambini, fra cui molti neonati. Hanno sopportato per un mese e mezzo violenze verbali e psicologiche inaccettabili. Adesso umanamente non ce la fanno più, hanno paura per i loro figli. Si tratta di una soluzione temporanea, ma al parco Lambro troveranno un altro clima, potranno muoversi senza la scorta della polizia, potranno progettare il loro futuro».
Che cosa pensano di fare?
«Tutti loro cercano stabilità. Dieci famiglie torneranno in Romania, a Salcuta, per il piano di asfaltatura del paese. Chi resterà in Italia andrà a lavorare, cercherà un´abitazione vera. I bambini sono già tutti iscritti a scuola».
Il leghista Fusco, leader della protesta: delusi da sindaco e Chiesa"Tutta la città era con noi per questo abbiamo vinto" di ORIANA LISO
Il leghista Fusco, leader della protesta: delusi da sindaco e Chiesa"Tutta la città era con noi per questo abbiamo vinto" di ORIANA LISO
I tempi Saremmo rimasti qui a oltranza, per difendere la legalitài furti Da quando sono arrivati loro sono aumentati i reati
È naturale che siamo tutti soddisfatti per questa vittoria. E quando dico tutti, intendo tutti i cittadini di Opera». A sera Ettore Fusco, consigliere comunale della Lega e front man della protesta contro il campo nomadi, tira - e non metaforicamente - un sospiro di sollievo.
È naturale che siamo tutti soddisfatti per questa vittoria. E quando dico tutti, intendo tutti i cittadini di Opera». A sera Ettore Fusco, consigliere comunale della Lega e front man della protesta contro il campo nomadi, tira - e non metaforicamente - un sospiro di sollievo.
Signor Fusco, come ha accolto la decisione di don Colmegna?
«Ci avevano prospettato tre mesi di battaglia, siamo stati impegnati col presidio per un mese e mezzo: ci è andata bene. Ma, intendiamoci: noi avremmo continuato a oltranza».
In questo periodo non ha mai avuto dubbi sulla bontà della vostra causa?
«Ne hanno dette di tutti i colori su di noi. Che siamo razzisti, xenofobi, fascisti. La verità è che abbiamo fatto una battaglia per la legalità, per farla rispettare da tutti, istituzioni e nomadi».
Non era una garanzia la presenza di una personalità autorevole come don Colmegna?
«In questa storia la prima istituzione in cui abbiamo smesso di credere è stata proprio la Chiesa. O meglio, alcuni suoi uomini: don Colmegna, ma anche il nostro parroco e i volontari del campo. Dopo loro, viene l´amministrazione comunale e il nostro sindaco. La sua arroganza è inaccettabile. Contro questo abbiamo combattuto e contro il business che qualcuno ha creato, non contro i nomadi».
I bambini del campo avevano problemi a raggiungere la scuola.
«Falsità belle e buone. Sono loro, i nomadi, che utilizzavano i bambini per attività che non credo fossero lecite. E poi in questo periodo, nella zona, sono aumentati i furti e nel centro commerciale sono stati arrestati alcuni nomadi».
Provenivano dal campo di Opera?
«Questo non lo so, la polizia non ce lo viene mica a dire. Noi non ce l´abbiamo con loro. Alcuni si fermavano anche a chiacchierare con noi. Poi, però, non è vero che gli uomini andavano tutti a lavorare: c´era chi passava tutto il giorno al campo o in giro. Naturale che a noi non facesse piacere».
Fusco, ma lei che cosa intende con "noi"? Noi del comitato o noi di Opera?«Quello che dice il sindaco, che la comunità operese è spaccata, è una balla. Quelli che hanno manifestato a favore del campo nomadi non sono di qui, arrivavano da Milano. La cittadinanza è sempre stata dalla nostra parte».
OPERA, I ROM LASCIANO LA TENDOPOLI
Don Colmegna: sono stati traditi
Corriere della Sera di Paolo Foschini
I 70 nomadi ospitati nel centro di Parco Lambro.
Il presidente Penati: così vince l'intolleranza
La faccia di quel che è successo, alla fine, è quella di una giovane volontaria che piange e che, come tanti altri ragazzi di Opera, in quella scommessa sui rom della tendopoli aveva creduto davvero: «Che tristezza. È una vergogna che sia finita così. Scusateci».
La faccia di quel che è successo, alla fine, è quella di una giovane volontaria che piange e che, come tanti altri ragazzi di Opera, in quella scommessa sui rom della tendopoli aveva creduto davvero: «Che tristezza. È una vergogna che sia finita così. Scusateci».
Perché la fine è che i 70 rom della discordia, quelli cui qualcuno aveva bruciato le tende a Natale, quelli contro il cui insediamento Lega e An avevano allestito da oltre un mese un presidio fisso, con tanto di baracchino-bar abusivo almeno quanto una tettoia zingara, quei rom salutano e se ne vanno: «Non ce la facciamo più e i nostri bambini — hanno scritto a prefetto e autorità varie — hanno paura». Stanchi di quel «presidio di gente che non ci vuole». E stremati anche da quell'altro presidio, quello della «polizia che dovrebbe garantire la nostra sicurezza e invece continua a far emergere solo una brutta immagine di noi». Sintetizzano: «Siamo persone come tutti, non andiamo a rubare, i nostri figli vanno a scuola, molti anche a Opera ora lo possono dire. Ma non abbiamo neanche più il coraggio di uscire dal campo dopo le 17 per prendere da mangiare». Per questo, concludono, «non resteremo neanche un'ora di più». Morale: donne e bambini, da ieri, se li è ripresi don Virginio Colmegna, che con la sua Casa della Carità ha attrezzato in meno di un giorno a suon di camper e roulotte un pezzo del Ceas, il «villaggio solidale» del Parco Lambro che già da tempo ospita altri emarginati vari, un po' rom, un po' malati psichici, un po' malati d'altro. Gli uomini del gruppo li raggiungeranno tra oggi e domani, quando «la tendopoli di Opera sarà comunque dismessa: la mia rabbia — commenta don Virginio — è che questa gente aveva accettato un patto e l'ha rispettato. Finora è la loro fiducia ad essere stata tradita. Non quella di chi, davanti alle loro tende, per un mese li ha solo umiliati e offesi».
È vero che lo sfogo del presidente della Casa della Carità ha incontrato la solidarietà immediata della Provincia nonché dei Comuni di Opera e Milano, fornitori peraltro delle roulotte e dei camper in cui i rom andranno a vivere ora. Sempre in via provvisoria, perché questo resta l'obiettivo: infatti Comuni, Provincia e Casa della Carità «rinnovano l'appello al prefetto per definire la completa realizzazione del piano messo a punto in prefettura il 19 gennaio». Ed è ancora la prefettura che il presidente della provincia Filippo Penati chiama in causa senza citarla, insieme col governo, nel rivendicare il «rispetto delle regole per tutti»: «Chiederemo al governo di partecipare al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza. Il rispetto della legalità riguarda i rom, ma anche chi è preposto all'ordine pubblico dovrà impedire che si ripetano le scene di queste settimane, con i volontari fatti oggetto di minacce e invettive da un presidio troppo a lungo lasciato libero e diventato così la maggior fonte di insicurezza».
COMUNICATO STAMPA DEL PRESIDIO:
COMUNICATO STAMPA: MANIFESTAZIONE DI RIFONDAZIONE COMUNISTA DEL 10/02/08
Opera, 10 febbraio 2007I
Cittadini del Presidio, che oggi sono stati costretti a rinunciare all'assemblea pubblica davanti al comune a seguito delle notizie relative la presenza dei centri sociali milanesi organizzati dalla segreteria provinciale di rifondazione comunista, rilevano l'ennesima caduta di gusto del Sindaco operese Alessandro Ramazzotti che ha reso possibile l'intevento ad Opera dei leoncavallini e dei militanti di tutta la provincia di milano del partito della rifondazione comunista. All'evento, organizzato dall'estrema sinistra, hanno partecipato circa quindici cittadini operesi militanti di RC ed altri duecento provenienti dal resto della provincia. Al termine del corteo, dove sindacalisti ed estremisti di sinistra, insieme ai leoncavallini, sventolavano bandiere rosse e della pace, una delegazione ha potuto raggiungere la sede del presidio dei cittadini operesi per la tutela della legalità sul territorio. La delegazione di quattro persone ha potuto così esporre, nell'indifferenza dei molti presidianti che voltavano le spalle nel più totale silenzio, due striscioni accanto a quelli già esposti dagli operesi del presidio.Uno dei due, recante la scritta: "21/12/06 OPERA CHIEDE SCUSA AI ROM" è stato esposto dall'On. Farina, ex capo indiscusso del Leoncavallo oggi parlamentare italiano e dal Segretario Provinciale di rifondazione comunista Patta. I due, mai stati ad Opera, rispondendo alla domanda di un presidiante riuscito a superare il cordone della Polizia hanno dichiarato, invece, di essere operesi.Abbiamo constatato, oggi più che mai, chi tutela i cittadini e chi invece privilegia i propri interessi mettendo a rischio anche la quiete cittadina turbata dall'arrivo di tanti personaggi che, all'interno del corteo, imbrattavano i muri e nervosamente, con il prurito alle mani, si chiedevano cosa fossero stati chiamati a fare se non si potevano raggiungere "i nemici".Da questa lezione possiamo trarre una sola considerazione: la sinistra, con la benedizione del Sindaco e del Parroco, ha strumentalizzato tutta la vicenda cercando di minimizzare la protesta cittadina bollata come iniziativa illegittima del centrodestra ed ha ottenuto come unico risultato che, oggi, risulta evidente la posizione del centrodestra, favorevole alla legalità e, quindi, non ad un campo nomadi ad Opera e la posizione del centrosinistra assolutamente a favore di ogni situazione di illegalità quale l'insediamento di un campo, inizialmente provvisorio come tutti gli altri, che col tempo diventerà definitivo proprio se i cittadini dovessero sciogliere il presidio. Per questa ragione, ogni giorno, il Sindaco trova un pretesto per dichiarare illegittimo il presidio e chiederne al Prefetto la rimozione.I cittadini del presidio annunciano sin da oggi che la risposta a questo ennesimo affronto alla popolazione operese, da parte di un partito della sinistra sostenuto dal Sindaco Ramazzotti, giungerà, presumibilmente, domenica 18 febbraio alle ore 10 con un presidio davanti al Municipio di Opera.
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