IL SITO DEL PRESIDIO DI OPERA E' UNA CARICATURA DEI PROBLEMI LEGATI ALL'INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI NELLA SOCIETA' MODERNA.

SOTTO: LA STORIA DEL PRESIDIO DI OPERA, UN ANNO DOPO.

Dal 21 dicembre 2006 al 12 febbraio 2007 riassunta con gli articoli di giornale più significativi (spesso falsi) ed i comunicati stampa, per non dimenticare:

VERGOGNA, non possiamo permettere questo!

MA SOCIOLOGO SIGNIFICA IMBECILLE?

Mi domando come possa giungere, una persona che si definisce sociologo, ad affermare idiozie simili: "Lo stesso odio che c'è dietro la vicenda del campo nomadi di Opera dove le persone cosiddette normali bruciano le tende dove ci sono 35 neonati." Qui sotto trovate l'articolo da cui ho estrapolato la frase che, francamente, non ho capito se è di Revelli oppure dell'autore del pezzo che si firma DV. Naturalmente si tratta di Liberazione giornale molto simile al Manifesto dove, lo stesso Marco Revelli, aveva affermato che "nelle tende dormivano le famiglie rom con trenta bambini". Non ho parole!

Da Liberazione del 6/02/2007, pag. 7
Parla il sociologo e voce storica della sinistra italiana
Revelli: «Quella realtà che i media non raccontano»
«Il vizio, l’errore di fondo, nasce quando un problema sociale come l’immigrazione viene presentato esclusivamente come problema di ordine pubblico. Un po’ come si è fatto nell’800 con le rivendicazioni della nascente classe operaia, presentata come vero e proprio pericolo pubblico». Marco Revelli, sociologo, economista e voce storica della sinistra italiana ha pochi dubbi: la percezione distorta dei migranti è frutto di un’informazione chiusa, autoreferenziale e virtuale. «Marocchino uscito con l’indulto massacra la famiglia ».Questo, grosso modo, il titolo della gran parte dei giornali italiani il giorno dopo la strage di Erba.
Il fatto è che il racconto sociale che viene fatto dai media è molto chiuso nella propria dimensione di sistema, nei codici della notizia che esaspera l’eccezionalità invece della normalità. Erba è un esempio chiaro. Ed allora andrebbe compreso che l’informazione non racconta la realtà, soprattutto la relatà dei migranti. Le nostre vite hanno una dimensione ed uno spessore che l’informazione non coglie. Vorrei che pezzi di società riprendano la parola e ricomincino a raccontarsi dimostrando quanto sia falso il racconto dei media. Di qui l’idea che i migranti siano presentati come era presentata la classe operaia nell’800.
Certo, esattamente come accadde due secoli fa con l’emergere di una classe di lavoratori salariati che fu interpretata come la nascita di una classe sociale pericolosa, come un problema di sicurezza. Così nacquero le leggi sul controllo militare di questa classe. Esattamente come i migranti del 2000 che vengono presentati come soggetti pericolosi mentre, nella realtà, sono la nuova forza lavoro planetaria.
C’è un razzismo inconsapevole del nostro sistema dei media; un razzismo di fondo che presenta l’altro come un delinquente abituale. Con Erba, inoltre, abbiamo mancato l’occasione per indagare questa violenza strisciante e domestica. Una violenza tutta italiana.
Oltre al soprassalto di vergogna con cui i media hanno presentato quel che è accaduto, la cosa che stupisce è che si è rimossa, si è ignorata la grave malattia del territorio. Di questo nostro Nord-est e di tutto il settentrione. Proprio in quella padania così ricca, in quel Nord-est pieno di suv, di palazzi di vetro e cemento, quel Nord-est in cui la vulgata colloca il motore del benessere dell’italia che tira; ecco, proprio lì scopriamo che il nostro territorio è attraversato da grumi di risentimento di cui i due assassini sono la sintesi. Lo stesso odio che c’è dietro la vicenda del campo nomadi di Opera dove le persone cosiddette normali bruciano le tende dove ci sono 35 neonati. Ed allora io credo che proprio lì, in quelle occasioni, viene fuori un sentimento di depauperazione che porta a tutto questo. I coniugi di Erba non avevano quel che aveva quella coppia: quel fertile disordine così incomprensibile per loro. I due assassini erano apparentemente perfetti e invece mancavano di tutto. Questo vuoto è un vuoto di relazioni, di rapporti di senso della vita e di gusto della scoperta dell’altro. Sono vite svuotate, prive di un orizzonte di senso che si ritrova solo nell’odio per tutto quanto è altro da sé.
D.V.

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